Nella riunione del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2023 il Governo ha approvato in via definitiva il Decreto Legislativo con le nuove misure relative agli incentivi per il “rientro dei cervelli” e, in particolar modo, per i lavoratori impatriati.

Si assiste ad una restrizione dell’ambito di applicazione di tale incentivo fiscale, attraverso l’introduzione di nuove regole.

Le vecchie disposizioni (a fondo pagina IN BREVE LE REGOLE PRECEDENTI) continuano ad operare per i soggetti che abbiano trasferito la propria residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023.

La nuova disposizione vale invece per i contribuenti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal 1° gennaio 2024.

Tra le novità principali il fatto che beneficiano degli incentivi fiscali solo i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilabili a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo.
Restano esclusi i redditi d’impresa.

Altra novità consiste nel limite al reddito potenzialmente agevolabile, essendo fissato il tetto massimo di un reddito di euro 600.000,00.

Anche la percentuale di non imponibilità dei redditi oggetto di agevolazione cambia, passando dal 70% (oppure 90% per i lavoratori che si trasferiscono nelle regioni del Centro-Sud) dei vecchi impatriati, al 50% per i nuovi lavoratori che rientrano in Italia. Per cui si assiste ad una eliminazione dell’incremento dell’agevolazione fiscale per i lavoratori impatriati che decidono di traferire la residenza nelle Regioni del Mezzogiorno.

Per accedere ai nuovi incentivi per gli impatriati, il lavoratore deve rispettare i seguenti requisiti:

  • impegnarsi a risiedere fiscalmente nel territorio italiano per almeno 5 anni;
  • non essere risultato fiscalmente residente in Italia nei 3 anni precedenti il predetto trasferimento;
  • svolgere l’attività lavorativa per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio italiano;
  • appartenere alla categoria di lavoratori con requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

Alcuni requisiti aggiuntivi, inoltre, in termini di permanenza all’estero prima del rientro in Italia, vengono previsti per i contribuenti che proseguono la propria attività lavorativa alle dipendenze dello stesso datore di lavoro o di uno appartenente al medesimo gruppo.

In questo caso, infatti, viene previsto che la permanenza all’estero deve essere di:

  • 6 anni: se il contribuente non ha lavorato in Italia a favore dello stesso datore di lavoro oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
  • 7 anni: se l’interessato, prima del suo trasferimento all’estero, ha lavorato alle dipendenze del medesimo datore di lavoro oppure di altro datore di lavoro appartenente allo stesso gruppo.

Per quanto riguarda la definizione di soggetti appartenenti al medesimo gruppo, essi si identificano in coloro che hanno un rapporto di controllo diretto o indiretto ai sensi dell’articolo 2359 (comma 1, n. 1) c.c. oppure che sono sottoposti al comune controllo diretto o indiretto da parte di un altro soggetto.

Viene precisato che, qualora la residenza fiscale italiana non sia mantenuta per almeno 4 anni consecutivi al rientro in Italia, il lavoratore decade dai benefici e l’Agenzia delle Entrate provvede al recupero delle imposte nel frattempo risparmiate e dei relativi interessi.

Sulla base dei nuovi requisiti appare chiaro che, a differenza della precedente normativa, risulta allungato sia il periodo in cui bisogna risultare residenti all’estero (prima fissato a 2 anni) sia quello di permanenza al rientro in Italia (da 2 a 4 anni).

Risulta anche ristretta la tipologia di lavoratori a cui si rivolge il nuovo incentivo fiscale, atteso che, in precedenza non v’era nessuna distinzione tra i lavoratori per tipologia di attività svolta, invece adesso possono accedere all’agevolazione solo lavoratori con requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

Altresì, a differenza della precedente normativa, i nuovi incentivi fiscali non trovano più applicazione ai soggetti che rientrano in Italia per svolgere attività d’impresa, risultando i redditi d’impresa esclusi dalla nuova formulazione normativa.

La nuova diposizione conferma la fruizione del beneficio fiscale per la durata di 5 anni d’imposta.

La percentuale di non imponibilità dei redditi diventa del 60% (invece di quella ordinaria del 50%) per il lavoratore impatriato che:

  • si trasferisce in Italia con un figlio minore che resti in Italia;
  • vedesse la nascita un figlio ovvero provvedesse all’adozione di un soggetto minorenne (che permanga in Italia) durante il periodo di fruizione del regime, in questo caso fruendo del maggior beneficio fiscale a partire dal periodo d’imposta in corso al momento della nascita o dell’adozione e per il residuo periodo agevolabile.

A differenza delle precedenti agevolazioni fiscali, non si fa più riferimento alla proroga della loro applicazione per ulteriori 5 anni in caso di acquisto di un immobile di tipo residenziale oppure in presenza di prole minorenne o a carico al rientro in Italia.

Tuttavia, in maniera eccezionale, per il contribuente che trasferisce la residenza anagrafica in Italia nell’anno 2024 il beneficio fiscale per i lavoratori impatriati si applica per ulteriori 3 periodi di imposta, nella misura della non imponibilità dei redditi al 50%, a condizione che questi sia divenuto proprietario, entro il 31 dicembre 2023 e, in ogni caso, nei 12 mesi precedenti al trasferimento, di un’immobile di residenza in Italia.

Per i contribuenti che non sono risultati iscritti all’AIRE per il periodo trascorso all’estero, viene confermata la possibilità di dimostrare la residenza fiscale estera sulla base della Convenzione contro le doppie imposizioni con il Paese estero.

Le nuove modifiche non riguardano anche gli incentivi fiscali per i “docenti e ricercatori” che rientrano a lavorare in Italia, i quali continuano a trovare applicazione secondo le vecchie regole.

VECCHIE MISURE 

Lavoratori impatriati 2023: durata del beneficio e riduzione delle imposte

La durata del beneficio fiscale per il “rientro dei cervelli” è di 5 anni, per il quale opera un abbattimento dell’imponibile del 70%, cosicché le imposte restano dovute sono sul 30% dei redditi percepiti.

In alcuni casi il beneficio fiscale viene esteso per ulteriori 5 anni, vale a dire quando:

  • il lavoratore rientrato diventi proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia (la quale può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà);
  • per il lavoratore che abbia almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo.

In questi casi, negli ulteriori cinque periodi di imposta i redditi prodotti concorrono alla formazione del reddito imponibile limitatamente al 50 % del loro ammontare. Altresì, per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, i redditi agevolati prodotti, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito imponibile solo per il 10%, cosicché risultano detassati del 90%.

Infine, viene previsto che la tassazione risulterà del 10% per i lavoratori che trasferiscano la residenza fiscale nelle Regioni del Centro-Sud d’Italia (quali Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia).