Cói òvi sòdi: pónta e cul

Nel periodo pasquale in alcune zone del Trentino erano diffusi tra i bambini e i ragazzi vari giochi che prevedevano l'uso delle uova sode. Il principale si svolgeva proprio il giorno di Pasqua, nelle piazze dei paesi. Consisteva in un susseguirsi di sfide nelle quali due giocatori si affrontavano a colpi di uova sode non sgusciate. Ogni partecipante al gioco raggiungeva la piazza munito del suo o delle sue uova sode opportunamente colorate con sistemi artigianali e naturali che prevedevano l'ebollizione in acqua e rape rosse, acqua e bucce di cipolla ecc. Si formavano le coppie e poi si aveva diritto a provare la resistenza dell'uovo dell'avversario battendolo contro i propri incisivi: a seconda del suono che si produceva, l'esperto giocatore sapeva riconoscere se si trattava di un uovo destinato a opporre una forte o una debole resistenza rispetto al colpo che ci si apprestava a sferrare con il proprio uovo. In tal modo, se il giocatore valutava che non era il caso di rischiare, poteva decidere di non accettare la sfida e andare alla ricerca di un altro avversario.
Il gioco consisteva nel cercare di rompere il guscio dell'uovo dell'avversario colpendolo con il proprio uovo, che veniva saldamente afferrato con una mano che lo manteneva verticale e lo copriva quasi per intero, lasciando sporgere solamente un piccolo pezzetto di guscio, quel tanto che bastava per creare Il contatto tra le due uova. Ognuno poteva a turno sferrare il suo colpo mettendo in atto le sue personali strategie (la parte più arrotondata era più debole, per esempio) e vinceva chi riusciva a rompere il guscio avversario da entrambe le parti. Il vincitore della sifda si appropriava dell'uovo sodo e non era raro che i giocatori più esperti facessero ritorno a casa con decine di uova sode conquistate ai compagni di gioco.

Foto - F. Faganello, Pergine 1982 - PAT Archivio fotografico storico dal libro "La Terra dei Padri. Storie di gente e di paesi" di Alberto Folgheraiter

Cói òvi sòdi: dàrghe de còsta

Per giocare era necessario che i ragazzi avessero compiuto i dodici anni, ma soprattutto che fossero in possesso di almeno una monetina. Armati della moneta e di una scorta di uova sode, più o meno consistente a seconda delle possibilità della famiglia, i giocatori si raccoglievano in piazza e si apprestavano ad affrontare un'appassionante sfida.
Un uovo sodo veniva appoggiato ad un muro, quasi sempre in un angolo. I giocatori si schieravano poi ad una distanza di due o tre metri e a turno tiravano la propria monetina  verso l'uovo, preferibilmente di taglio, cercando di farla penetrare nell'uovo. Se il tiro non aveva buon esito, il gioco passava a un altro partecipante, ma se invece la moneta si  infilava nell'uovo, il giocatore vinceva l'uovo e le monete che avevano fallito l'obiettivo e che erano state lasciate sul campo. Poi il gioco ricominciava.

Foto - F. Faganello, Pergine 1982 - PAT Archivio fotografico storico dal libro "La Terra dei Padri. Storie di gente e di paesi" di Alberto Folgheraiter